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LudoLega Lucchese

LudoLega LuccheseLuccini

Memorie in miniatura


In Nuffle we trust, your blood to dust
Anonimo graffito sul muro dell’ Elisadome

 

Quando abbiamo iniziato a giocare, il Blood Bowl era già vecchio di quasi quindici anni. Alcuni di noi già lo conoscevano, altri vissero quel momento come un’epifania aex – novo: ma tutti insieme, consacrammo ben presto il nostro presente alla dura legge imposta dai Blocking Dice e scritta nella pietra da Jervis Johnson in nome del Dio Nuffle.

E poi cominciammo a giocare. A giocare seriamente. Ad oggi, di anni ne sono trascorsi altri quindici e la cultura del gioco è profondamente cambiata. Tutti sanno la differenza che passa tra un boardgame e un wargame, tra un gioco di ruolo e un gioco di carte, tra un gioco di carte collezionabili e uno di comitato. L’elenco potrebbe continuare, ma se state leggendo queste righe, sapete benissimo di cosa parlo. All’epoca della prima Luccini Blood Bowl League però le cose erano abbastanza diverse.

Giocare sul serio non era alla portata di tutti: richiedeva tempo, voglia di stare insieme e la costante ricerca di un posto dove allestire le partite, cosa molto difficoltosa perché i nostri genitori non amavano vedersi invadere la casa da giovanotti ormai abbastanza adulti che, maneggiando soldatini, urlavano e schiamazzavano come bambini dell’asilo (questo effetto si è mantenuto costante nel tempo: siamo tutti sul lato sbagliato dei trenta ma i pochi di noi che ogni tanto sentono il richiamo del gioco, cedono penosamente alla maleducazione tipica di chi affida tre ore della propria esistenza ad una commistione di strategia e fortuna. Continuiamo infatti ad esultare troppo se vinciamo, a deprimerci troppo se perdiamo e a maledire qualsiasi cosa o persona ci disturbi durante quei momenti di fervore ludico. Tutto questo può sembrare patetico, ma è un apprezzabile segno di continuità e un esempio per le generazioni future). Per giocare era necessario stare insieme, passare del tempo a discutere di regole, di squadre, di statistiche, di pitturazione.

Per stare insieme dovevamo litigare con le nostre ragazze, raccontare loro penose bugie. Erano più forti gli skaven o il chaos? Griff Oberwald o Varag Ghoul Chewer? Chi di noi possedeva più squadre? Qualcuno avrebbe mai voluto giocare veramente coi goblin o con gli halfling? Non esistevano forum che potessero accogliere questi vaneggiamenti, per cui affidavamo tutto alla carta e alla penna. Era di carta, infatti, il tabellone che raccontava i gironi della prima storica edizione della L. B. B. L. . Le righe erano state tracciate a mano, con il lapis prima e il pennarello dopo. I simboli delle squadre teste di serie, appiccicati su pezzi cartoncino, facevano bella mostra dell’opulenza cromatica grazie a fotocopie a colori pagate un occhio della testa.  Niente stampanti, nessun foglio di excel per i nostri roster. Quando andava bene, erano fotocopie in bianco e nero. Quando andava male, fogli di quaderno strappati (qualcuno continua a strappare fogli sbattendosene dei fogli excel, qualcuno continua a fare fotocopie; qualcuno, come allora, il roster non lo consegna proprio).

Ma anche quando andava male andava bene lo stesso, perché ci rendevamo conto che oltre a voler saziare la nostra fame di gioco, volevamo provare a gettare le basi per qualcosa che potesse sopravviverci. Non avremmo saputo spiegarlo meglio, allora. Eravamo parecchio giovani e tutti abbastanza in salute. Affermare l’idea che un giorno il Blood Bowl ci avrebbe potuto divertire meno era pura follia. Ma forse, in cuor nostro, sapevamo cosa ci avrebbe riservato il presente futuro. Anche se sembravamo immortali, avvertivamo che presto o tardi, quell’inaspettata età dell’oro sarebbe finita e il nostro inconscio – forse -  preparava una strategia perché ciò potesse avvenire senza strappi.

E così (più o meno) è stato. Ora è oggi. Non passiamo più molto tempo insieme e troppo spesso non abbiamo voglia di spostarci con valigie e scatole con dentro ciò che resta delle nostre squadre mai completamente dipinte. Qualcuno è diventato genitore e non vuole adulti scemi e chiassosi in giro per casa. Ma per fortuna abbiamo giocato sul serio quando era il momento.

Perché oggi la LBBL è diventata una specie di tradizione ludica che si è tramandata negli anni, perché quei giocatori nati durante interminabili partite fatte di sigarette, birra e scorregge sono sopravvissuti alla nostra noia e oggi potete leggere i loro nomi e vedere le loro facce nella Hall of Fame del sito online del nostro vecchio – ma sempre nuovo – campionato. Perché l’Elisadome è diventato uno stadio “vero”, la Summer Cup un evento nazionale e Gino Mattanza un personaggio leggendario al pari di Ettore Fieramosca (o almeno a noi piace pensare che sia così).

Quanto sto scrivendo potrebbe somigliare troppo ad una sviolinata nostalgica, ma permettetemi di concludere: date un’occhiata a cosa avete in mano. Se chi mi ha chiesto il favore di scrivere ha fatto le cose per bene, dovreste tenere in pugno almeno una delle tre splendide miniature scolpite da Lorenzo "Arcano" Giusti per celebrare i campioni del nostro passato. Nessuno di noi, all’epoca, avrebbe sperato in tanta grazia. Potete considerarli solo piccoli modelli in piombo da pitturare secondo il vostro gusto, certo. Quello che ne farete sarà importante per voi tutti, ma soprattutto lo sarà per noi. Perché ciò che avete in mano sono veri e propri monumenti alla memoria. La nostra memoria. Quella che voi, oggi, chiamate Luccini Blood Bowl Federation.