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Le Guerre dei Fiori

Le Guerre dei Fiori

La Guerra dei fiori era un rituale relativamente recente nella storia dell’Impero Azteco. Tutto inizio con l’imperatore Tlacaelel, durante il regno del quale l’Impero raggiunse probabilmente il suo apice, attorno al 1400. Come tutti i dominatori assoluti, anche Tlacaelel decise di riscrivere la storia del suo popolo, distruggendo tutti i testi che si erano tramandati fino a quel momento, e propugnando la teoria che gli Aztechi erano il popolo prescelto da Dio.

Gli antichi messicani erano un popolo guerriero e religioso ben prima dell’inizio delle Guerre dei Fiori. Gli uomini venivano assunti come militari: in questo modo venivano assorbiti eventuali eccessi di manodopera, ma questo comportò anche lo svilupparsi di una classe sociale di guerrieri particolarmente temuti, da amici e da nemici. Il Dio principale degli aztechi, Huitzilopochtli, era un Dio guerriero. Era il Dio del Sole, ed era superiore a tutte le altre centinaia di dei che gli Aztechi onoravano.

Tlacaelel rinnovava ogni anno l’alleanza con Huitzilopochtli, e questa alleanza doveva essere rinnovata con il sangue. I prigionieri delle spedizioni militari provvedevano all’uopo, ma senza guerre, erano gli stessi Aztechi che dovevano provvedere, sacrificando la propria gente. Questo comportava la necessità di uno stato di guerra permanente e di paura che pervadevano la cultura azteca.

Ad oriente dell’ impero azteco si stendevano i territori della città stato di Tlaxcala. I Tlaxcala condividevano ethos ed usanze con gli Aztechi, da cui verosimilmente originavano. Tlaxcala era una città ricca e potente. Non faceva parte dell’Impero azteco, ma era ovviamente attratta dalla sua orbita. Dopo una serie di guerre che rischiavano di indebolire sia Aztechi che Tlaxacala, i rispettivi governanti si accordarono per battaglie “finte”, il cui scopo era semplicemente quello di prendere prigionieri, da sacrificare poi sulle rispettive piramidi.

Le guerre fra impero Azteco e popolazioni confinanti continuarono per tutto il secolo, ma quando non c’erano prigionieri, anziché ricorrere alla propria popolazione, i governati aztechi e Tlaxacala organizzavano una Guerra dei Fiori, che comunque aveva il secondo scopo, altrettanto importante, di promuovere la mobilità sociale all’interno dei rispettivi eserciti, e di permettere ai giovani guerrieri di farsi strada lungo la gerarchia militare.

Le perdite erano notevoli, ed una riduzione “volontaria” dell’esercito e della popolazione maschile più turbolenta certo non doveva dispiacere agli imperatori aztechi, anche perché ormai l’Impero era sicuro e tutte le popolazioni confinanti erano state assoggettate.

La battaglia procedeva con un rituale molto preciso. Prima i guerrieri più importanti, appartenenti agli ordini nobiliari dei Giaguari e delle Aquile, si affrontavano singolarmente. L’arma principale degli Aztechi era la spada a doppio taglio, la cui lama era costituita da schegge di ossidiana molto taglienti conficcate nel legno, la macuahuitl, ottima per tagliare attraverso le armature fatte di tessuto imbottito.

Dopo la sfida dei nobili e dei generali (i generali Combattevano in prima fila), si accendeva la mischia fra gli altri reparti dell’esercito, che combattevano essenzialmente con una lancia, con la punta di ossidiana, archi (pochi) e giavellotti lanciati tramite un propulsore.

Partecipavano allo scontro anche gruppi particolari di guerrieri, gli Otomì, rinomati per la ferocia in battaglia, di cui purtroppo si conoscono pochi dettagli, ed alcuni ordini di sacerdoti guerrieri, anche loro conosciuti per l’audacia e per la inaudita aggressività.

Il diorama

Il diorama rappresenta lo scontro fra un esercito di Aztechi ed uno di Tlaxcala. Al centro unità appartenenti agli ordini dei Giaguari e delle Aquile si sfidano a combattimento singolo, ciascuno contro guerrieri del proprio ordine.

L’unità di preti, con la pelle colorata di nero e probabilmente coperti di sangue essiccato appartenete alle vittime uccise nei riti propiziatori, si appresta a scendere in campo sulla destra.

 

Testo: Fabrizio Ceciliani

Miniature: 25 mm piombo, collezione Fabrizio Ceciliani, Renato Genovese